20 febbraio 2005

L'IRAQ DI GIULIANA SGRENA

La notizia che in questo periodo tiene incollati a tv, giornali, radio e internet tutti gli italiani è senz’altro il rapimento in Iraq di Giuliana Sgrena, una giornalista andata là, in quel Paese martoriato dalla guerra, dal terrorismo, dalle bombe e da tanto altro ancora, per raccontare al mondo quello che succede e cui spesso, purtroppo, i grandi mass media non danno per niente risalto.

La cosa più toccante è stata vedere Giuliana in quel video, tremante e con il pianto trattenuto a stento, con la disperazione di chi sa che la sua vita è appesa ad un filo, alle volontà di degli sconosciuti che con la forza l’hanno catturata per ricattare i Paesi che hanno delle truppe nel loro Paese. Una Giuliana che diceva, non certo per la prima volta, che questa guerra non è giusta e che non sia giusto che degli stranieri occupino con la forza quel Paese.

Il problema sostanziale è che i rapitori hanno preso proprio la persona sbagliata. Non che in qualche caso possa essere giusto rapire qualcuno, ma Giuliana è proprio la persona sbagliata. Giuliana, infatti, è sempre stata dalla parte degli iracheni, dei bambini colpiti dalle bombe (cui fa riferimento anche nel video), di tutte quelle vite spezzate da una guerra che, semplicemente come tale, è ingiusta e sbagliata.

Tutta questa storia, che speriamo si concluda felicemente come quella di Simona&Simona, ha portato però alla luce diverse testimonianze di solidarietà e di vicinanza a lei e alla sua famiglia.

Infatti non è difficile immaginarsi, anche se i mass media non ce lo avessero fatto vedere più che abbondantemente, come possano sentirsi adesso suo padre, sua madre, suo fratello, il suo compagno e tutti quelli che le vogliono bene, che la conoscono, i suoi amici, i suoi colleghi…

Tante le testimonianze di solidarietà e di affetto per Giuliana, dicevo qualche riga sopra. La più grande, più gigantesca e tangibile è stata senz’altro la manifestazione di ieri a Roma in cui 500.000 persone hanno detto no alla guerra e alla violenza, e hanno chiesto la liberazione “della pace” (molti striscioni recitavano infatti “liberiamo la pace”).

E poi il lavoro del suo compagno e dei suoi colleghi per fare un video da trasmettere sulle tv arabe per raccontare chi è veramente Giuliana, quello che pensa e che ha fatto per tanto tempo in Iraq. Tutti quelli che le vogliono bene che si danno da fare per lei, che si è data da fare per raccontare le sofferenze di tanti.

E Al Jazeera e le altre Tv arabe la loro parte l’hanno fatta, trasmettendo l’appello di Pier Scolari, compagno di Giuliana, e facendo vedere con le immagini anche la partecipazione alla manifestazione di ieri a Roma.

In compenso ci si mette la Rai che, mentre le tv arabe si danno da fare, rifiuta di dedicare più di 10 minuti su Raitre alla grande manifestazione per Giuliana e ha bisogno delle proteste del Cdr (Comitato di Redazione) del tg3 per concedere all’evento uno spazio dignitoso.

E tutto, secondo le spiegazioni che la Rai stessa ha dato, perché alcuni appuntamenti sportivi, per contratto, non possono essere spostati né annullati. E quindi, siccome lo sport è più importante di una donna rapita in una terra lontana dove stava facendo il suo lavoro, e ignorando il fatto di avere a disposizione altre 2 reti oltre a quella che trasmette lo sport, la Rai si fa pregare. E invece La7, tv privata con un solo canale, decide di trasmettere in diretta la manifestazione. Rai servizio pubblico?

Simone Storti

simone@alocin.it