27 giugno 2005

USTICA, 25 ANNI DOPO: UNA STRAGE DIMENTICATA

Cosa accadde realmente il 27 giugno 1980? 25 anni dopo, ancora nessuna risposta

Oggi ricorre il 25° anniversario della strage di Ustica, anche se nessun media (o quasi) ha dedicato spazio (righe per i giornali, minuti per la tv ecc...) a questo triste anniversario. In questo periodo le notizie importanti sono altre: il caldo, il costo del petrolio, l'aumento della popolazione italiana, la maturità. Troppe "notizie importanti", per dedicarsi, anche solo un pochino, a questa "strage dimenticata".

Devo fare i miei complimenti, invece, a RTL 102.5, che stamattina, nella trasmissione "Non Stop News", condotta da Fulvio Giuliani e Jolanda Granato, ha ricordato, seppur brevemente, quegli 81 morti "senza colpevole". Complimenti quindi alla radio che mi ha fatto ricordare la strage di Ustica, avvenuta il 27 giugno del lontano 1980. Vi invito quindi ad ascoltare il pezzetto di "Non Stop News" di stamattina dedicato a questo argomento.

Per quanto riguarda la Tv stasera, alle 23.40, è in programma su RaiTre una puntata di "Blu notte - Misteri Italiani", con Carlo Lucarelli, dedicata al "Caso Ustica".

E' una tragedia avvenuta molto tempo fa, forse per questo dimenticata, ma non certamente risolta. Anzi, tutt'altro che risolta. Io non ero ancora nato e di questa tragedia so ben poco, quindi vorrei scrivere una breve ricostruzione della "vicenda Ustica", per capire meglio quello che accadde. 

Ustica: i fatti

Allora, cominciamo da qui... è il 27 giugno del 1980. Alle 20, 59 minuti e 45 secondi l'aereo civile Dc9 I-TIGI dell'Itavia, in volo da Bologna a Palermo, scompare dagli schermi radar. A bordo 81 persone: 78 passeggeri, tra cui 13 bambini, e 3 uomini dell'equipaggio. Il controllore di turno cerca più volte di chiamare il pilota del velivolo, ma non ha nessuna risposta. Viene lanciato l'allarme, mentre i soccorsi arriveranno sul luogo dello schianto, tra le isole di Ponza e di Ustica, solo la mattina seguente. Sempre il 28 giugno la strage viene rivendicata dal gruppo neofascista dei NAR, ma per i giudici si tratta solo di un depistaggio.

Il 10 luglio il ministro della difesa Lagoorio, riferendo della strage al Senato, esclude il coinvolgimento di aerei militari. L'aeronautica, dal canto suo, sostiene l'ipotesi del "cedimento strutturale" del velivolo. 8 giorni dopo viene trovato sui monti della Sila un Mig 23 libico abbattuto la stessa notte del Dc9. Il maresciallo Mario Alberto Dettori, radarista della base di Poggio Ballone (Gr), confessa alla moglie che quella notte "per poco non scoppiava la guerra". Il maresciallo si suiciderà nell'87, ossessionato da una scritta: "Il silenzio è d'oro e uccide".

Il 17 dicembre l'Itavia afferma che ad abbattere il suo aereo è stato un missile. A questo punto, per chiarire la dinamica della strage, è necessario il recupero del relitto, per stabilire se a far precipitare l'aereo sia stato un missile o una bomba che si trovava a bordo (secondo alcuni nella toilette) dell'aereo. Il 10 giugno 1987 la ditta francese Iframer comincia le operazioni per recuperare il relitto.

Il 16 marzo 1989 i periti della commissione Blasi nominata dal giudice Bucarelli arrivano alla conclusione che il Dc9 è stato abbattuto da un missile ma, a sorpresa, nel maggio dell'anno seguente due componenti di quella stessa commissione fanno marcia indietro tornando a parlare di una bomba.

Nel marzo 1993 Alexj Pavlov , ex colonnello del KGB, dichiara che il Dc9 fu abbattuto da missili americani e che i sovietici videro tutto dalla base segreta vicino a Tripoli. I sovietici, sempre secondo Pavlov, non poterono rivelare quanto avevano visto per non svelare la posizione della loro base. Aggiunge anche che la notte del 27 giugno 1980 furono fatte allontanare dalla zona tutte le unità sovietiche, perchè si sapeva che ci sarebbe stata un'esercitazione a fuoco delle forze americane.

Nel dicembre dello stesso anno Andrea Crociani viene interrogato dal giudice Rosario Priore, che sta portando avanti l'inchiesta. Crociani rivela le confessioni di Mario Naldini, tenente colonnello che prestava servizio all'aeroporto di Grosseto. La sera di quel 27 giugno 1980 si alzò con il suo caccia TF140 per un'esercitazione NATO. Naldini raccontò che quella notte c'erano tre aerei, di cui solo uno autorizzato. Quando ormai questi aerei furono intercettati, venne però l'ordine di rientrare. Dopo l'atterraggio Naldini seppe della strage di Ustica. Naldini, capo squadra delle frecce tricolori, muore a Ramstein nell'88 durante la disastrosa esibizione che provocò 51 vittime. Dieci giorni dopo avrebbe dovuto essere interrogato dal giudice Priore per i fatti di Ustica.

Nel febbraio seguente il giornalista Claudio Gatti, insieme a Gail Hammer, propone una nuova ipotesi secondo la quale l'aereo dell'Itavia sarebbe stato abbattuto, per errore, dai servizi segreti israeliani che volevano colpire una aereo carico di uranio arricchito destinato ad una centrale nucleare irachena.

Il 29 giugno 1994 i Periti dell'Aeronautica sostengono che si è trattato di una bomba, tesi avvallata anche dal collegio peritale nominato da Priore, che parla di una bomba nella toilette. Due periti presentano però un'altra relazione che non esclude che ad abbattere il Dc9 sia stato un missile.

Il 17 giugno 1997 un collegio di esperti consegna a Priore una perizia radar, per la quale quella sera oltre al Dc9 c'erano in volo anche alcuni aerei militari. Il 31 luglio dell'anno seguente i pubblici ministeri romani Nebbioso, Roselli e Salvi chiedono il rinvio a giudizio per i generali dell'Aeronautica Bartolucci, Tascio, Melillo e Ferri e per altri cinque ufficiali.

Il 31 agosto del 1999 vengono rinviati a giudizio i generali Lamberto Bartolucci, Zeno Tascio, Corrado Melillo e Franco Ferri per attentato contro gli organi costituzionali con l'aggravante dell'alto tradimento insieme ad altri 5 ufficiali, mentre si dichiara di non dover procedere per strage perché "ignoti gli autori del reato".

Il 23 giugno 2000 la magistratura militare di Roma chiede l'archiviazione del caso, in quanto "non ci sono i presupposti per rivendicare spazi di giurisdizione da parte della magistratura militare". Il 28 settembre si apre a Roma, nell'aula bunker di Rebibbia, il processo sui presunti depistaggi, davanti alla Terza Sezione della Corte d'Assise di Roma, che il 1 dicembre dichiara la nullità dell'attività istruttoria compiuta dal giudice istruttore Rosario Priore nei procedimenti per il reato di falsa testimonianza contestato agli imputati Pugliese Francesco, Alloro Umberto, Masci Claudio, Notarnicola Pasquale e Bomprezzi Bruno, e dell'Ordinanza di rinvio a giudizio.

L'11 aprile seguente Aldo Davanzali, presidente dell'Itavia, costretta a sciogliersi dopo la strage, chiede allo Stato un risarcimento di 1.700 miliardi di lire per danni morali e patrimoniali subiti dopo la strage di Ustica.

Il 2 luglio la Corte di Cassazione accoglie il ricorso presentato dal procuratore militare Antonio Intelisano contro l'ordinanza del gip militare, che aveva imposto di indagare i quattro generali già sotto processo dalla Terza Sezione della Corte D'Assise di Roma, e stabilisce che il processo resta di competenza della giustizia civile.

Il 24 gennaio del 2002 la Corte dei Conti chiede 27 miliardi di lire a militari e ad altre persone coinvolte nella strage come risarcimento per le spese sostenute per il recupero dei resti del Dc9. Il 1° settembre dell'anno seguente il leader libico Gheddafi afferma, in un discorso al Paese, che ad abbattere il Dc9 furono aerei Usa. Il 26 novembre, invece, il Tribunale di Roma condanna i ministeri della Difesa, dei Trasporti e dell'Interno ad un risarcimento di 108 milioni di € all'Itavia, perchè lo Stato non avrebbe garantito la sicurezza dell'aerovia sulla quale viaggiava il Dc9.

Il 19 dicembre i pm Erminio Amelio, Maria Monteleone e Vincenzo Roselli, nel corso delle requisitorie in Corte d'Assise, chiedono la condanna a 6 anni e 9 mesi di reclusione, di cui 4 anni condonati, per i generali Lamberto Bartolucci e Franco Ferri, accusati di attentato agli organi costituzionali con l'aggravante dell'alto tradimento. Secondo l'accusa avrebbero omesso di fornire informazioni al Governo. Chiesta l'assoluzione nei confronti dei generali Zeno Tascio e Corrado Melillo.

Il 30 aprile 2004 si chiude il processo per i presunti depistaggi. I generali dell'Aeronautica Lamberto Bartolucci, Franco Ferri, Zeno Tascio e Corrado Melillo sono assolti, davanti alla Corte d'Assise di Roma, da tutte le accuse. Il reato di Ferri e Bartolucci riguardante le informazioni errate fornite al Governo in merito alla presenza di altri aerei la sera dell'incidente è considerato prescritto. Il 27 novembre la Corte d'Assise di Roma pubblica le motivazioni dell'assoluzione dei quattro generali: secondo i giudici militari non compirono il reato di altro tradimento, ma solo di turbativa, non riferendo al Governo i risultati dell'analisi dei dati del radar Marconi e notizie in merito al coinvolgimento di altri aerei. Gli stessi giudici ritengono errate l'ipotesi che il Mig trovato sulla Sila sia precipitato la stessa sera del Dc9.

Infine lo scorso febbraio i difensori di parte civile presentano richiesta di appello contro la sentenza pronunciata dalla Terza Corte d'Assise di Roma il 30 aprile 2004. In seguito presentano la medesima richiesta anche i legali dell'Itavia.

Ustica: 25 anni dopo

Oggi, 27 giugno 2005, 25 anni dopo, la strage non ha ancora dei responsabili. In questi anni si sono susseguite ipotesi, smentite, Commissioni d'inchiesta, processi, sentenze, controsentenze, appelli, tesi su missili, tesi su bombe, tesi su "cedimenti strutturali", depistaggi e molto altro.

Quale, quindi, la verità? Cosa fece precipitare il Dc9 alle 20.59 e 45 secondi del 27 giugno 1980? Ma soprattutto per volere di chi? Si trattò di un errore? E chi coprì, insabbiò, ritardò, depistò le indagini? E, ancora più importante, quando, se mai ciò accadrà, verrà a galla la verità e sarà possibile stabilire con certezza quanto avvenuto quella maledetta notte? Tragica fatalità di un "cedimento strutturale"? Colpa di un missile? Oppure una bomba nascosta nella toilette?

Speriamo vivamente che si possano trovare i  responsabili per quelle 81 vittime innocenti, schiacciate tra interessi troppo grandi da fermarsi anche davanti a tutti questi morti.

L'univa cosa che possiamo fare è pretendere una verità vera, non costruita, su quanto accaduto. E per ricordarci di chiedere verità, anche in memoria di quegli 81 morti, forse possono e devono servire anche occasioni come questo anniversario, a patto che lo si ricordi e ci si chieda in 25 lunghissimi anni cosa si è fatto: certamente troppo poco.

Simone Storti

simone@alocin.it

Sitografia

Per maggiori informazioni sulla Strage di Ustica, potete vedere anche: