15 maggio 2005

Il paradosso della tecnologia: riusciamo a leggere i papiri egizi, ma rischiamo di perdere le conoscenze attuali

PIU' INFORMAZIONI, MENO MEMORIA

CdRom, dvd e floppy si degradano: oggi il limite di archiviazione è di 30 anni

Produciamo sempre più conoscenza e informazione ma rischiamo di perderle per i pesanti limiti delle tecnologie di memorizzazione. All’Università di Berkeley, in California, stimano che ogni abitante del pianeta oggi pruduca in media 800 MegaByte di dati all’anno e che già nel periodo 1999-2002 l’informazione registrata su carta, pellicola e dischi magnetici e ottici sia raddoppiata.

Secondo uno studio Imatiom, una società americana specializzata in sistemi di memorizzazione digitali, nel 2003 il genere umano ha generato dati in formato digitale per parecchie decine di Exa- Byte (un numero formato da 20 cifre decimali). Per un confronto, teniamo presente che una tesi di laurea di trecento pagine occupa un floppy disk da 1,4 Mega- Byte. Mentre un intero film di due ore, trasportato dalla vecchia cassetta Vhs (destinata a sparire entro un quinquennio) a un Dvd, occupa almeno 4 GigaByte. La nostra «fame» di byte aumenta, dunque, negli anni con ritmo esponenziale grazie anche alla possibilità di scaricare da Internet ciò che ci interessa per studio o lavoro. E qui si pone un problema. Come archiviare nel tempo queste informazioni per poterle riutilizzare, senza che subiscano degradi?

«Già oggi—dice Goffredo Haus, professore al dipartimento di Informatica e Comunicazione all’Università Statale di Milano, e responsabile della digitalizzazione degli archivi fonici di Scala e Bolscioi — a meno di non ricorrere a costosi sistemi di ripristino, abbiamo forti difficoltà a leggere i dati contenuti nei supporti magnetici di 20-30 anni fa».

Pochi sanno che un floppy disk da 5 pollici, usato nei primi computer Apple e Ibm a inizio anni ’80, aveva una vita garantita non superiore a 2 anni. Ma anche gli stessi CdRom e Dvd riscrivibili, quelli in cui oggi archiviamo file multimediali, hanno una vita media che non arriva a 5 anni. Questo perché la superficie di materiale magnetico con cui vengono costruiti, contiene anche una parte di componenti organici destinati a deteriorarsi nel tempo. Si tratta di un processo chimico/fisico analogo a quello dei prodotti usati per lo sviluppo e la stampa di una tradizionale fotografia su carta, che con il passare degli anni, si ingiallisce e perde risoluzione cromatica. Bisogna invece rilevare che CdRom e Dvd con musica e film acquistati nei negozi, presentano una durata di almeno 20 anni. Questo è dovuto al fatto che gli apparecchi usati per la registrazione, incidono le tracce dati in modo più profondo, rispetto a quanto non facciamo noi. Quindi le informazioni digitali risultano meno soggette alle azioni degli agenti esterni.

Ma oggi, quale supporto digitale garantisce le migliori performance e durata nel tempo? Al momento il top della tecnologia si chiama Udo (Ultra density optical). Un disco da 5,25 pollici di tipo magneto-ottico in grado di contenere fino a 120 Giga- Byte, per un periodo di 30 anni. «Ma sono già allo studio dischi con capacità fino a 1 TeraByte e durata 50 anni » dice Roberto Patano, della divisione Storage di Hp Italia. E allora che cosa si deve fare, per conservare le informazioni digitali? «Bisogna rinfrescare le informazioni—risponde Patano—con una cadenza temporale di 3-5 anni, archiviando nuovamente i dati di interesse su nuovi media digitali». Che strano destino per l’uomo. Possiamo leggere papiri egizi e incisioni su pietra di migliaia di anni fa, maperdiamo il contenuto di un semplice testo o una fotografia, memorizzati su dischetto. Che ha comeunica colpa quella di essere «vecchio » di un decennio.

Umberto Torelli
 

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