4 novembre 2005

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LA SUCCESSIONE AD AUGUSTO

Nel corso del I secolo d.C. due dinastie dominarono dopo Augusto: la dinastia Giulio-Claudia e quella Flavia.

La dinastia Giulio-Claudia era composta dagli immediati successori di Augusto, ovvero Tiberio, Caligola, Claudio e Nerone, tutti provenienti dalla città, che regnarono tra il 14 e il 68. Nel 69 si succedettero quattro imperatori, l’ultimo dei quali fu Vespasiano, il capostipite della dinastia Flavia, composta anche da Tito e Domiziano, provenienti dalla penisola, che governarono tra il 69 e il 96.

Le fonti che abbiamo del I e II secolo sono solo di stampo senatorio, quindi gli scrittori parlano con profonda nostalgia delle tradizioni e della libertà repubblicane, che però erano solo per i pochi componenti dell’oligarchia romana. Gli imperatori sono quindi presentati come folli: Tiberio è presentato come un pazzo che si ritira a Capri e lascia Roma al prefetto del pretorio Seiano, Caligola viene descritto come un folle che nomina senatore il suo cavallo, Claudio come balbuziente e zoppicante, Nerone come responsabile dell’incendio di Roma.

Sotto Claudio viene conquistata la Gran Bretagna e organizzata una burocratizzazione del territorio ben efficiente. Il popolo sta abbastanza bene poiché è garantita la stabilità dello Stato, si sviluppano i commerci e vengono realizzate opere pubbliche che portano lavoro.

Una delle fonti dell’età successiva ad Augusto è Tacito, che scrive sotto gli imperatori Traiano e Adriano nel II secolo, ma narra avvenimenti del I secolo. Scrive le “Historiae” (la storia dei quattro imperatori e della dinastia Flavia) e gli “Annales” (i fatti dalla morte di Augusto a Nerone).

Sotto Nerone venne organizzata la congiura di Pisone, che venne però scoperta: tutti i senatori in qualche modo coinvolti nella vicenda furono costretti al suicidio, tra questi Seneca, Petronio e Lucano.

A Roma la concezione del potere era di due tipi:

Già augusto, che non voleva essere considerato dio, è divinizzato in oriente e alla morte viene celebrato come una divinità.

L’impero si “romanizzò”: le classi dirigenti delle province (in particolare della Gallia) tesero a “romanizzarsi”, non a caso dal II secolo gli imperatori cominciarono ad essere originari delle province, che ricoprivano un ruolo fondamentale nell’impero. La cittadinanza era progressivamente stata data a tutti gli abitanti dell’impero, con l’Editto di Caracalla del 212 a.C. Le province partecipavano attivamente alla gestione dello Stato.

L’esercito aumentò la propria forza politica che si era già manifestata dopo la riforma di Mario: sotto la dinastia Giulio-Claudia furono i pretoriani a nominare gli imperatori, sotto la dinastia Flavia furono le legioni.

Il popolo romano era in questo periodo molto manovrabile dall’imperatore grazie al cosiddetto “panem et circensem”.