21 marzo 2005

LE DUE CONCHIGLIE

 

Eh mio padre… Volete che vi dica di mio padre? Perché lui avreste dovuto conoscerlo, mio padre. Era nato il primo gennaio 1950. Così il primo gennaio 2000, avrebbe compiuto 50 anni. Cioè due feste in una e mica due feste qualsiasi, i cinquant’anni e il Duemila. Roba pesante. Per questo aveva deciso di festeggiarla due volte quella notte del 31 dicembre e anche se ero poco più che una bambina me lo ricordo bene io. Il giorno di Natale venne a prendermi a casa di mia madre, mi caricò in macchina poi su un aereo e senza che ci capissi molto, per via del sonno, degli scali tecnici, del fuso e delle lingue, dopo quasi 36 ore ci ritrovammo a disfare le valigie in un albergo di Savaii nell’isola di Samoa Occidentale. Se vi interessa collocarla sul mappamondo sta a circa 180 gradi di longitudine est e quindi, siccome sapete di geografia più di me, anche a 180 gradi di longitudine ovest. Cioè io e mio padre mangiavamo, dormivamo, ci scottavamo praticamente sull’antimeridiano di Greenwich, lì dove passa la linea del cambiamento di data. Insomma dopo un po’ fu chiaro anche a me come mio padre avrebbe fatto a festeggiare due volte il primo gennaio del 2000: la prima – diciamo la fine del millennio – a Savaii, la seconda – il suo cinquantesimo compleanno – 24 ore esatte dopo a Tafani, un’isoletta delle Tonga che sta a uno sputo a ovest di Samoa anche se il calendario gira indietro un giorno intero. Però ancora non bastava. Siccome mio padre era mio padre affittò una barca, ci caricò su me, l’attrezzatura subacquea, una bottiglia di champagne e un sestante. Così, quel 31 dicembre 1999 lasciammo il piccolo mondo di Savaii e puntammo verso il mare aperto, direzione ovest per raggiungere il punto esatto in cui passava la linea di cambiamento di data: lì mio padre – che avreste dovuto davvero conoscere – si sarebbe immerso e sdraiandosi sul fondo si sarebbe fatto attraversare dal tempo. In quel punto preciso non sarebbe esistito il presente – che mio padre odiava – ma solo il passato o il futuro. Se si girava appena verso est ecco il domani, se si girava appena verso ovest ecco l’ieri, se non si girava né a est né a ovest niente oggi, ma metà ieri e metà domani, quello che mio padre, che ormai state imparando a conoscere, desiderava esattamente essere. Però guardate che non è mica finita qui. Allora lui, mezzanotte meno cinque, si tuffa nel blu raggiunge la sua linea ideale, si sdraia sulla sabbia del fondale, guarda l’orologio e a mezzanotte in punto allarga le braccia, si capovolge in modo da scekerare dentro di sé il passato e il futuro, poi fa una verticale affondando le mani nella sabbia e qui succede qualcosa per cui siete liberi di non credere, però prima ascoltate. Sotto le palme delle mani sente duro. Mio padre allora stringe i pugni, li solleva dalla sabbia, si rimette in posizione eretta, apre le dita e scopre due conchiglie, due ciprie bellissime ma rotte. Tutte e due. Chissà perché invece di abbandonarle al fondo se le infila nel costume e risale. Poi sulla barca lo champagne, i baci, gli auguri, il cielo pieno di stelle “…e lì cos’hai?” “…ah già le conchiglie”. Mio padre tira fuori le due ciprie me le fa vedere e, cavolo, è davvero una disgrazia che siano rotte perché sono bellissime, nere fuori, bianche dentro, e poi liscissime, con lo stesso disegno… Ma sì, non vedi, non sono due conchiglie, ma la stessa spaccata a metà. … Guarda, se le avvicini combaciano come due mezze mele. Troppo belle per buttarle, basta un po’ di bostik e le si rincolla… La conchiglia del 2000, a casa la mettiamo sotto una campana di vetro e quando siamo tristi ce la portiamo all’orecchio e risentiamo il mare, così… ma non si sentiva mica il mare in quelle conchiglie. No niente mare. Portandosele all’orecchio nella conchiglia che stava, anche se per pochi centimetri, a ovest della cambiamento di data si sentiva il passato, nell’altra mezza che stava a est si sentiva il futuro. Non sono stata ancora chiara? Semplificando al massimo diciamo che in una si potevano ascoltare le notizie del giorno prima, nell’altra quelle del giorno dopo. Semplice no? Di lì ieri, di là domani. Eh lo so già cosa state pensando: ma ascoltando la conchiglia del giorno dopo (quella del giorno prima chi se ne frega) si sapevano i risultati delle partite, le estrazioni del lotto, gli indici delle borse? Ma sì, è chiaro, si sapeva tutto, e per un po’ fu anche divertente.  Ma piano piano mio padre si intristì. Dico sul serio. Perché mio padre, lo sapete già, aveva sempre vissuto metà al passato e metà al futuro. Il presente per lui era solo una semplificazione per quelli senza memoria né immaginazione. Niente di male, ma non roba per lui, appunto. Solo che quelle due ciprie, riducendogli il passato e il presente al futuro, lo condannavano a vivere senza memoria né immaginazione, cioè negandogli l’ieri e il domani lo costringevano all’oggi. Che l’abbiate conosciuto o no non era roba per mio padre quella. Così l’anno successivo, il 31 dicembre del 2000, io e lui eravamo ancora a Samoa, lui si rituffò nel blu nello stesso punto dell’anno precedente e riportò le due conchiglie esattamente al loro posto. Credete davvero che sia andata così? Proprio non avete imparato a conoscere mio padre. Quasi al loro posto, nel senso che le invertì: la conchiglia del giorno dopo sulla sabbia del giorno prima, quella del giorno prima sulla sabbia del giorno dopo. Eh mio padre… certo sarà la suggestione, però da quella notte vi giuro  che io ho sempre avuto come l’impressione che le cose che stavano per succedere in realtà erano già successe, mentre quelle già successe erano lì lì per succedere, che insomma passato e futuro si fossero impastocchiati, scekerati. Però di lì a dire che c’entri mio padre… Peccato davvero che non l’abbiate conosciuto mio padre.