10 aprile 2005

QUANDO IL GIORNALISMO DIVENTA UNA MISSIONE

Scrivo questo titolo perchè penso che possa ben illustrare l'ideale di giornalismo che avevano le due "inviate sul campo" di cui oggi vorrei parlare. Oggi così, quasi per caso, mi sono ritrovato a cercare con Google "Ilaria Alpi" e, tramite i risultati, ho trovato informazioni anche su "Maria Grazia Cutuli".

Ecco di chi vorrei parlare oggi, di due giornaliste che, come saprete, sono state uccise quando erano in regioni colpite e devastate dalla guerra, forse perchè scomode, più probabilmente perchè sapevano troppo.

Ma oggi vorrei, oltre ad esprimere le mie considerazioni, raccontare i fatti. Infatti si sa che non è bene parlare di un argomento senza averne una almeno discreta conoscenza. Quindi io, prima di parlarne, mi sono documentato.

Il caso Ilaria Alpi

Innanzitutto vi do qualche link ad alcuni siti da cui ho preso le informazioni e che potrebbero esservi utili per comprendere meglio quanto vi sto raccontando:

Ilaria Alpi era una giornalista del Tg3 e il 24 maggio del 1994 avrebbe compiuto 33 anni. Purtroppo non arrivò mai a quel giorno. Infatti il 20 marzo 1994 fu uccisa a Mogadiscio da un commando somalo, insieme al suo cameraman Miran Hrovatin. Ilaria era nata a Roma, dove si era laureata in Lettere e lingue straniere. Grazie alla sua buona conoscenza della lingua araba sia scritta che orale aveva avuto delle borse di studio dal governo egiziano e per il ministro del Turismo egiziano era stata traduttrice arabo-italiano.

Dopo varie collaborazioni, era diventata giornalista pubblicista nel 1989, anno nel quale era entrata in Rai grazie ad un concorso per praticanti giornalisti. Dal marzo 1990 era stata assunta da Rai Sat, mentre a dicembre di quello stesso anno era passata alla redazione parigina del Tg3, poi era stata trasferita in Marocco, a Belgrado e a Zagabria.

Il giornalismo era la sua missione: “A me piace andare, vedere e riferire e non farmi raccontare dagli altri quello che è successo. E questo sempre, in ogni circostanza” disse ad un collega qualche mese prima di morire. I suoi studi erano stati la base per la sua professione: la conoscenza delle lingue e del mondo islamico le servivano per svolgere al meglio il suo lavoro-missione.

Ma torniamo a quel 20 marzo 1994. Ilaria Alpi era inviata del Tg3 a Mogadiscio, per raccontare la guerra tra le due fazioni che insanguinava la Somalia e l'operazione "Restore Hope", lanciata dagli Stati Uniti con numerosi alleati, tra cui l'Italia, per porre fine alla guerra civile e ristabilire l'ordine nel Paese. Quel fatidico 20 marzo 1994 lei e il suo cameraman Miran Hrovatin vengono uccisi da un commando somalo.

Due giorni dopo la Procura di Roma apre un'inchiesta. Alcuni mesi più tardi Giorgio Alpi, padre di Ilaria, parla di esecuzione, perchè la figlia poco prima di morire aveva intervistato il sultano di Bosaso. Il taccuino che conteneva i suoi appunti è poi misteriosamente scomparso. Il 9 aprile 1995 il sultano di Bosaso, Abdullahi Mussa Bogar, è indagato come possibile mandante dell'omicidio.

Le perizie mediche e balistiche svolte sul corpo di Ilaria rivelano che si è trattato di un'esecuzione. Dal novembre del 1996 la Procura di Asti, specializzata nel traffico di rifiuti (traffico su cui Ilaria stava indagando), è in possesso di un'ampia documentazione, che però sparisce nel nulla. Nel 1997 arrivano a Roma due testimoni oculari: l'autista e la guardia del corpo di Ilaria.

Il 12 gennaio 1998 viene arrestato per concorso nel duplice omicidio il somalo Hashi Omar Hassan, identificato dall'autista della Alpi. il 18 gennaio del 1999 comincia il processo ad Hassan, che il 9 luglio viene assolto, nonostante il PM avesse chiesto l'ergastolo. Il 24 novembre 2000 la Corte d'Assise d'Appello di Roma condanna Hassan all'ergastolo, riconosciuto come uno dei sette componenti del commando che uccise Ilaria Alpi e Miran Hrovatin.

Il 28 marzo del 2003 esce il film di Ferdinando Vicentini Orgnani "Il più crudele dei giorni". Il film riporta l'attenzione sul "Caso Ilaria Alpi", che è interpretata da Giovanna Mezzogiorno. Il 6 giugno 2003, in occasione della nona edizione del "Premio Ilaria Alpi", Valerio Calzolaio, deputato DS, annuncia di aver depositato, a nome tutti i gruppi parlamentari, la proposta di istituire una Commissione Parlamentare d'Inchiesta sull'omicidio di Ilaria e Miran Hrovatin, istituita il 31 luglio dello stesso anno. Si insedia il 21 gennaio dell'anno seguente, con l'intento di far luce sull'omicidio della giornalista del Tg3 e del suo operatore, dopo 10 anni di buio totale.

Nell'ottobre del 2002, però, il mensile GQ aveva pubblicato l'intervista ad un amico di Ilaria Alpi, un militare cui lei aveva raccontato le sue scoperte. In questa intervista, che vi invito a leggere integralmente al link che vi ho dato sopra, si parla di violenze su donne somale da parte di militari italiani, di qualcun altro che, come lei, sapeva troppo ed è stato fatto tacere per sempre, di traffici di armi e di rifiuti tossici, di un'Ilaria testarda che voleva conoscere la verità ad ogni costo, di traffici di droga in cui erano implicati militari italiani, di un libro che Ilaria avrebbe voluto scrivere sulla base dei suoi appunti mai ritrovati.

Il caso Maria Grazie Cutuli

Anche qui vi do alcuni link utili:

Maria Grazia Cutuli era una giornalista del "Corriere della Sera". Fu uccisa il 19 novembre 2001 in Afghanistan. Anche la sua morte rimane avvolta dal mistero e sono ancora tante le cose poco chiare.

Maria Grazia era nata a Catania nel 1962. Si era laureata in lettere ed aveva un sogno: fare la reporter. Collaborando con il quotidiano "La Sicilia" era diventata giornalista e in seguito aveva lavorato nell'ufficio stampa della Camera del lavoro Cgil di Catania, collaborava con "Telecolor" e con il settimanale "Sud". Trasferitasi a Milano aveva collaborato con "Centocose" ed "Epoca", entrando a far parte della redazione esteri e diventando presto inviata nella Ex Iugoslavia, in Medio Oriente e a Gerusalemme. Per il "Corriere della Sera" aveva seguito la guerra civile in Ruanda.

Colpita personalmente da problema dei profughi, aveva collaborato con l'Alto Commissariato per i rifugiati delle Nazioni Unite e aveva chiesto al suo giornale un periodo di aspettativa per poter seguire questa questione che le stava particolarmente a cuore. Tornata a Milano aveva ripreso il suo ruolo di inviata per il "Corriere della Sera" andando in Afghanistan, dove si recherà più volte. Qui era stata anche rapita per un breve periodo dai Talebani, che aveva voluto incontrare per un reportage. Era riuscita anche a intervistare il comandante Mossud, ucciso il 10 settembre 2001.

L'11 settembre Maria Grazia è a Gerusalemme. Quindi vola in Pakistan e in Afghanistan. Il giorno prima di morire scrive il suo ultimo articolo, pubblicato il 20 novembre 2001, in cui parlava del ritrovamento di gas nervino in un rifugio di Osama Bin Laden. il 19 novembre è uccisa sulla strada che va da Jalalabad a Kabul con altri tre colleghi, per prima, a sangue freddo.

Sul sito che ho messo come secondo link qui sopra si trova il racconto a qualcuno che l'aveva conosciuta, Maria Grazia. Parla di una Maria Grazia che quando era inviata non era sempre con tutti gli altri giornalisti della stampa di tutto il mondo. Lei non copiava da qualcosa che era già stato scritto da qualcun altro, ma era sempre in giro a raccogliere testimonianze parlando con la gente. In questa testimonianza, che vi invito a leggere per intero, si parla di una donna speciale, più che di un'inviata speciale.

Il giornalismo può essere una missione

Dopo aver conosciuto le storie di queste due giornaliste, posso affermare con sicurezza che il giornalismo può diventare una missione. Ilaria e Maria Grazia sono senz'altro solo due esempi, ma sono sicuro che al mondo ci sono anche tanti altri giornalisti che ritengono il giornalismo più una "missione" che una professione. Forse, anzi quasi sicuramente, è grazie a loro che si sono scoperte tante cose ed è solo perchè molti di loro sono stati messi a tacere con la morte che non se ne sanno altre. Penso che dopo essere giunti fin qui e dopo aver letto le storie di queste due donne, più che giornaliste o inviate, il mio commento sia più che superfluo. Solo un'ultima considerazione. Forse Ilaria, Maria Grazia e tanti loro colleghi sconosciuti sono fra i veri "eroi dei nostri tempi" (vedi l'articolo del 4 febbraio "I nostri eroi").

Simone Storti

simone@alocin.it